TUTTO MANTEGNA 1: TESORI IN VIAGGIO


Hanno in comune lo stesso maestro. I loro uomini in armatura, uno curiosamente di colore rosa tenue, sono andati in trasferta nello storico palazzo dove un illustre personaggio fa gli onori di casa a tutti i visitatori. Due opere hanno raggiunto la stessa destinazione dopo aver condiviso una importante ribalta internazionale. Sono state invitate ad un evento che vuole far “Rivivere l’antico, costruire il moderno”.
Ogni domenica alle 11.40 un nuovo appuntamento con mostre e musei su www.radiobresciasette.it
Per ulteriori informazioni scrivere a: info@serafinozani.it

**TUTTO MANTEGNA 1: TESORI IN VIAGGIO**Hanno in comune lo stesso maestro. I loro uomini in armatura, uno curiosamente di colore rosa tenue, sono andati in trasferta nello storico palazzo dove un illustre personaggio fa gli onori di casa a tutti i visitatori. Due opere hanno raggiunto la stessa destinazione dopo aver condiviso una importante ribalta internazionale. Sono state invitate ad un evento che vuole far “Rivivere l’antico, costruire il moderno”.Ogni domenica alle 11.40 un nuovo appuntamento con mostre e musei su [www.radiobresciasette.it](http://www.radiobresciasette.it/) Per ulteriori informazioni scrivere a: [info@serafinozani.it](mailto:info@serafinozani.it)

Publiée par Luigi Guaragna sur Lundi 13 juillet 2020

Cominciamo con un’opera enigmatica della Pinacoteca Tosio che si trova nella stanza della cultura gotica. E’ stata dipinta all’incirca tra 1460 e il 1465 da un autore tuttora misterioso. Si tratta di San Giorgio e il drago.
Piace ai visitatori più giovani. C’è una principessa e il cavaliere che la salva da un terribile mostro.
La donna è invece assente da un paio di opere sul medesimo soggetto e dello stesso periodo di quella bresciana. Si sono messe in viaggio per Torino prima ancora che esplodesse la diffusione del Coronavirus. Gli autori sono stati a bottega dal padovano Francesco Squarcione.
San Giorgio è sempre ritratto in armatura?
Quella dipinta dal ferrarese Cosmè Tura è un’armatura dal colore inconsueto, rosa tenue. Assai più classica quella dell’altro San Giorgio, che si mette in posa con il volto girato verso la città che gli fa da sfondo.
Tra i dipinti esposti nella nostra Pinacoteca non ci sono opere di Cosmè Tura.
C’è una sua tempera su tavola nella prima sala della pinacoteca di Bergamo (Madonna con il Bambino, 1475-1478). Sul retro dell’opera si cela un souvenir, ricorda quando la tavola viaggiò in Svizzera nella metà del secolo scorso (c’è un biglietto incollato sul retro dove si legge “Mostra di tesori d’arte di Lombardia, Zurigo” e poi il titolo dell’opera e la sua provenienza.)
Una testimonianza curiosa sui tesori in viaggio, come quelli degli allievi dello Squarcione che sono andati in tournée a Torino.
Insieme ai due San Giorgio, partiti dalla Fondazione Cini e dalle Gallerie dell’Accademia, hanno raggiunto la stessa destinazione due opere uscite dalle collezioni di Brescia e Bergamo.
Una trasferta segnata da un comune destino. Nessuno poteva immaginare il dramma che ne seguì. Altro che mostri dipinti, sono arrivati quelli invisibili del Coronavirus.
Tutte le opere citate fino ad ora sono state selezionate per la mostra torinese su Mantegna, “Rivivere l’antico, costruire il moderno” che venne bruscamente sospesa per tre mesi a causa della pandemia. Per fortuna i curatori di Palazzo Madama, che hanno progettato l’evento, sono riusciti a prorogarne la scadenza.
Quindi il secondo allievo dello Squarcione sarà Mantegna, autore del San Giorgio in posa.
Sono dello stesso artista anche le opere prestate dalle pinacoteche di Brescia e Bergamo. Le due città hanno deciso di unirsi, dopo le sofferenze della pandemia, in un comune progetto, quello di Città della cultura 2023.
Le due opere di Mantegna furono già protagoniste di un importante allestimento londinese?
Esatto. Infatti quella bresciana la possiamo vedere solo in occasione delle mostre temporanee (come quella veronese del 2006 dedicata all’anniversario della morte di Mantegna). Si tratta di uno studio, un piccolo disegno del 1460 che rappresenta il “Seppellimento di Cristo”.(Venne acquistato nell’Ottocento dal collezionista bresciano Brozzoni che donò le sue raccolte e la sua villa di via Corsica al Comune di Brescia).
E’ un’opera coeva a tutte quelle che hai citato fino ad ora.
Un tempo questo disegno era attribuito a Bellini (fino agli Trenta del ‘900). E’ un lavoro di grafica, a penna e inchiostro bruno su carta, di soli 130 mm per 95, disegnato su entrambi i lati. Sul recto è raffigurata la deposizione di Cristo nel sepolcro, sul verso c’è uno studio per un candeliere.
Quando ci avevi ricordato la sua ultima apparizione, nella prestigiosa sede della National Gallery di Londra, ero rimasta colpita dal valore assicurato, ben un milione di euro.
L’esposizione londinese, dedicata a Mantegna e Bellini, era quella che riunì per la prima volta la “Resurrezione di Cristo” e la “Discesa al limbo”.
La prima delle due fa parte delle raccolte dell’Accademia Carrara ed è stata invitata alla mostra torinese.(Questa importante attribuzione si deve a Giovanni Valagussa, conservatore della pinacoteca bergamasca).
La nuova scoperta aveva acceso i riflettori sull’opera favorendone il suo restauro.
L’intervento si svolse in una delle sale dell’Accademia Carrara davanti agli occhi dei visitatori. Era possibile interagire con la restauratrice mentre operava all’interno di una teca trasparente.
Le domande non mancavano. La scoperta del puzzle incuriosiva il pubblico.
Attraverso i pannelli esposti all’esterno della teca si poteva confrontare la parte inferiore dell’opera bergamasca coincidente con quella superiore della “Discesa al limbo”, già riconosciuta al Mantegna e presente in una collezione privata.
Anche all’intero della nostra pinacoteca hanno avuto luogo dei restauri in diretta durante i quali si poteva dialogare con gli operatori. Il restauro più recente riguarda il San Domenico del Romanino.
C’è un’altra opera tra quelle selezionate per la mostra di Torino con la quale vuoi concludere questa puntata?
Non si può trascurare il fuori mostra di Palazzo Madama, dove ci attende sempre uno dei celebri volti dipinti da Antonello da Messina.
Fa gli onori di casa a tutti i visitatori.
Tornando invece ai prestiti della mostra sul Mantegna mi piace nominare la Madonna dei cherubini proveniente dalle raccolte di Brera (1485 ca.).
Nella pinacoteca milanese è esposto il celeberrimo Cristo morto visto di scorcio.

-Ha ispirato altri artisti nei secoli successivi, come Orazio Borgianni. Il suo compianto su Cristo morto con tre dolenti (1615, Galleria Spada Roma?), già esposto accanto a quello del Mantegna a Brera, è stato esposto (mostra su Borgianni) alle gallerie nazionali Barberini Corsini di Roma nello stesso periodo della mostra torinese.
Come sempre sono tanti i collegamenti suggeriti dalle opere d’arte e sono altrettanto numerose le occasioni per vedere gli originali nei tesori vicini.
La produzione artistica di Mantegna ci attende in altri due musei milanesi, al Castello Sforzesco e al Museo Poldi Pezzoli, dove sono rispettivamente esposte la Madonna Trivulzio (1497) e la Madonna con il Bambino.
L’imperdibile meta delle città vicine alla ricerca dei capolavori del Mantegna è quella con la camera degli sposi del Castello di San Giorgio a Mantova.
Il foglio bresciano potrebbe avere proprio un collegamento con il momento del passaggio di Mantegna alla corte gonzaghesca. Lo rivelano le ricerche eseguite sul piccolo lavoro di grafica, che è stato accostato
anche agli studi per la Pala di San Zeno (1457-1459) di Verona e al Miracolo
di San Giacomo sulla via del martirio per l’affresco della cappella Ovetari
agli Eremitani di Padova (1454 circa).
Ecco altre due importanti città vicine da aggiungere all’itinerario sul Mantegna.
A Torino è stato esposto un affresco staccato proveniente proprio dalla celebre cappella padovana, ha così offerto l’occasione di vederlo dopo un lungo restauro. La cappella subì una pesante distruzione durante il bombardamento dell’11 marzo 1944 che colpì la chiesa degli Eremitani.
Delle storie di S. Giacomo e S. Cristoforo affrescate da Mantegna rimangono le fotografie scattate prima della guerra e dei frammenti raccolti per terra.